PSICOTRAPPOLE DI GIORGIO NARDONE

16.02.2016 16:57

Giorgio Nardone Fondatore, insieme a Paul Watzlawick del Centro di Terapia Strategica di Arezzo (CTS), ove svolge la sua attività di psicologo-psicoterapeuta, didatta e coach. Considerato l’esponente di maggior spicco della Scuola di Palo Alto, conosciuto tanto per la sua creatività quanto per il suo rigore metodologico, che gli ha permesso di creare decine di tecniche innovative e protocolli specifici di trattamento alcuni dei quali veri e propri best practice, come il caso della terapia degli attacchi di panico, del disturbo ossessivo compulsivo e delle fobie, della anoressia della bulimia-vomiting, del binge eating etc.

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E’ stato amore alla prima pagina quello per questo autore, del quale desidero riassumere in estrema sintesi alcuni tratti del suo pensiero e del suo agire. Secondo Nardone infatti ci sono tanti disagi psicologici quanti se ne possono immaginare, ma ognuna di queste pene ha una sua possibile soluzione. Pertanto se da una parte siamo maestri a innalzare le nostre «psicotrappole», dalla stessa siamo capaci di creare le nostre «psicosoluzioni».

Di fatto è fondamentale spiegare che nessuna delle trappole nasce come patologica, però è la loro esasperazione, in riscontro a specificate esperienze, e il loro riproporsi in modo eccessivo come «tentata soluzione» a tali situazioni, a trasformarle in patogene e imputabili del manifestarsi di una patologia.

Ognuno di noi, protendiamo a reiterare quello che ci ha dato esiti positivi per oltrepassare difficoltà e sciogliere dubbi. La trappola innata nella nostra mente che porta a schematizzare le esperienze, si crea quando perseveriamo nell’ usare ciò che nel trascorso ha avuto esito positivo, senza considerare che anche lo stesso problema in situazioni differenti ricerca una risoluzione differente. A siffatta questione si deve associare la predisposizione umana a considerare che una tecnica non sia buona perché non l’abbiamo cercata di ottenere con abbastanza tenacia o per poca convinzione. Qualunque persona può costruirsi le psicotrappole delle quali poi esserne schiavo, non solo chi è limitatamente intelligente, debole o illetterato.

Nardone portando continui esempi nella sua esperienza di clinico, ha riscontrato che i casi più strani e complicati fossero invece quelli di persone straordinariamente intelligenti, infatti proprio a causa delle loro abilità maggiori esasperano maggiormente i problemi, tanto da scavarsi una trappola profondissima, o innalzando all'intorno una muraglia o un labirinto da cui sembra impossibile trovare una via d’uscita.

Quello che la nostra mente riesce a fare è straordinariamente sorprendente, infatti è in grado di schematizzare i processi che ci hanno dato modo di sciogliere alcuni problemi e riuscire a convertirli in schemi replicabili di fronte a situazioni simili; pertanto ha il potere di portare la soluzione che ha funzionato per un certo problema come risoluzione di tutti i problemi somiglianti. Questo processo, denominato “generalizzazione” , è una trappola mentale letale, che spesso ripetiamo con ostinazione. Un’ azzardata soluzione disfunzionale ripetuta non soltanto non scioglie il dilemma, ma immette altre difficoltà. La capacità umana di intricare la vita, è compresa nel meccanismo sistemico della mente, non pilotando sempre esiti positivi. Pertanto viene spontaneo dire è un abbaglio credere che tutto ciò che è naturale debba essere per forza sano.

La spontaneità dunque è il frutto della nostra esperienza, ossia risposte che noi non controlliamo poiché loro stesse costituiscono degli apprendimenti così consolidati da determinare responsi a stimoli prima di qualunque riflessione, prima che noi possiamo ragionarci su, essendo già funzionamenti automatizzati.

Secondo l’autore ognuno di noi mette in azione più psicotrappole, che combinate insieme e reiterate nel tempo portano non solo a problemi, ma a forme di psicopatologia.

In questi casi cosa accade? In pratica, chi precipita nelle trappole è portato a sfuggire le circostanze, le situazione che gli fanno paura, compresi i pensieri; va a pregare consolazione e aiuto dalle persone vicine; prova regolarmente a controllare le proprie reazioni psicofisiologiche, come il battito cardiaco, la frequenza respiratoria, il senso di equilibrio. Da principio queste soluzioni diminuiscono l’emozione di paura, poi però l’ aumentano, in quanto sfuggendo una condizione che mi terrorizza, all’inizio mi sembra di aver schivato il pericolo ma, convalidando a me stesso l’inadeguatezza nel governare la condizione, ne fortifico e accresco la pericolosità. Tale meccanismo porta irrimediabilmente a far accrescere la paura. D’altro canto l’invocazione di protezione e di aiuto degli altri, va a creare la stessa condizione, rafforzando l’incapacità di affrontare da soli il momento. Ed infine lo sforzo di controllare mentalmente le nostre attivazioni fisiologiche spontanee conduce soltanto alla loro alterazione, perciò più voglio controllare il battito cardiaco, più questo accresce; più tento di respirare regolarmente, più ne altero il ritmo; più cerco di controllare il senso di equilibrio, più mi sento instabile. Tutto questo porta ad un’immensa perdita di fiducia in se stessi, facendoci credere di essere incapaci e martiri di qualche cosa con cui non possiamo guerreggiare, se non da perdenti. Se queste arrischiate risoluzioni disastrose agiscono congiuntamente, bastano pochi mesi per generare un disturbo da attacchi di panico. Nel prossimo articolo, parlerò delle sette psicotrappole del pensare correlate dalle rispettive psicosoluzioni, perché da esse ci si può liberare, non sempre da soli, ma spesso con l’aiuto di una persona competente.

 
Un caro saluto
Silvia Rossi